Sara Santilli Psicologa
venerdì 11 settembre 2015
TEDxBloomington - Shawn Achor - "The Happiness Advantage: Linking Positi...
Il felice segreto per lavorare meglio...
- appena arrivi a lavoro scrivi una mail positiva per ringraziare o lodare qualcuno di un compito che hai particolarmente apprezzato;
- concediti 20 minuti al giorno per meditare: respira lentamente, immagina di essere sommerso in una vasca da bagno, o in quel posto da cui sei appena rientrato o in cui ti piacerebbe tanto andare, concentrati sul respiro...le tue spalle si inizieranno ad abbassare e i muscoli a rilassarsi...
- la felici...tà va cercate all'interno del nostro cervello. La società competitiva in cui ci troviamo ha spostao la felicità dall'interno all'esterno...(se per essere felici ci diciamo che dobbiamo raggiungere un successo, la volta successiva la meta sarà più alta e poi ancora...e alla fine non saremo più felici).
- essere felici ci consente di essere maggiormente concentrati a lavoro e più produttivi.
Per cui se sei stressato a lavoro, isolati per 20 minuti e medita!
Oltre ad essere un divertente intrattenitore, Achor nel suo discorso TED Talk vi aiuterà a imparare che il successo al lavoro è in gran parte determinata da:
1. Livelli ottimismo
2. sostegno sociale
3. capacità di vedere lo stress come una sfida, non come una minaccia
Impareremo che, la felicità non è determinato da quello che si fa, quello che si ha, o dove si è. Piuttosto, "Il novanta per cento della vostra felicità a determinato da come il cervello elabora il mondo." La felicità, in altre parole, dipende da come si pensa!
Meditate gente...meditate!
giovedì 3 settembre 2015
L'etichettamento e la distorsione cognitiva
L’etichettamento è un processo di distorsione cognitiva in cui si generalizza una caratteristica di un individuo e la si applica a tutta la sua persona. Può capitare ad esempio di formulare pensieri come i seguenti: “Avendo fallito a quell’esame/prova, sono un fallito”; “quella persona arriva spesso in ritaro a lavoro, è un’irresponsabile”. Nel formulare frasi di questo tipo, piuttosto che fornire una descrizione oggettiva del comportamento, si descrive globalmente tutta la persona. Il risultato dell’etichettamento è quello di osservare la persona con gli occhi foderati dell”etichetta”, ad esempio fallito, irresponsabile, senza prestare attenzione ad altre informazione che sono al di fuori del marchio.
Essendo l’etichettamento una forma di distorsione cognitiva, essa è un modo distorto di pensare alle cose e alle persone, proprio per il fatto che si arrivano a fare delle assunzione prendendo in considerazione solo alcune informazioni e dati isolati, non vi è un’analisi globale e, in quanto tale, è imprecisa.
L’etichettamento, in quanto distorsione cognitiva, oltre che causare pensiero imprecisi, può alimentare e gestire emozioni dolorose e negative. Se non si riesce ad un test/una prova e si arriva alla conclusione che si è un fallimento totale, è probabile che ciò inneschi sentimenti di tristezza, disperazione, ecc. Mentre se si delimita il fallimento al singolo test/prova, molto probabilmente la sensazione di delusione sarà inferiore. Inoltre, coloro che aderiscono alle etichette, hanno minori abilità di risoluzione dei problemi. Ad esempio, se limito la sensazione di fallimento rispetto alla prova specifica, es. test di inglese, andata male, le strategie di risoluzione del problema potrebbero essere varie, come ad esempio: vedere film in lingua inglese, leggere in lingua inglese, studiare la grammatica in modo approfondito, prendere lezioni di inglese, etc…Se si generalizza il fallimento alla persona, e la si etichetta come “fallito/a”, quali strategie si possono intravedere per eliminare il marchio?
Quando notiamo di essere impegnati in processi di distorsione cognitiva di etichettatura, c'è una soluzione semplice: descrivere il comportamento in modo obiettivo, in termini di “dire” e “fare”. “Quella persona è in ritardo di tot minuti al lavoro”. “Ho fallito il test di inglese”.
In questo modo si arriverà a provare un minor numero di sentimenti negativi, i problemi che si pensano come irrisolvibili diventano affrontabili, e le persone che sembrano ingestibili, possono diventare molto più gestibile.
martedì 28 luglio 2015
martedì 24 marzo 2015
Curiosità, riflessione e autocontrollo nella ricetta per essere felici
Mille impegni, ritmi insostenibili e difficoltà economiche rendono la vita più triste.
Ad oggi essere felici sembra un'impresa. Per lo psichiatra Michele Cucchi, direttore sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano, la ricetta per ritrovare il sorriso è in tre punti: "riflessione, curiosità e autocontrollo".
Ad oggi essere felici sembra un'impresa. Per lo psichiatra Michele Cucchi, direttore sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano, la ricetta per ritrovare il sorriso è in tre punti: "riflessione, curiosità e autocontrollo".
L'autore del libro 'Vincere l’ansia con l’intelligenza emotiva' indica alcuni fattori che rendono difficile l'essere felici. Tra i principali, possiamo individuare le crescenti responsabilità, lo stress accumulato nei lunghi mesi di lavoro, i ritmi frenetici della routine quotidiana, le aspettative sempre maggiori e il rispetto delle rigide convenzioni sociali. In questo contesto s’innestano anche la paura di perdere il controllo e alcune forme di squilibrio neurobiologico, che intervengono a peggiorare la situazione. Viviamo essenzialmente in una società che genera ansia. Un lavoro, un esame, l’arrivo di un figlio, un matrimonio, l’amore, una novità, un viaggio, tutto può diventare motivo d’ansia o, come auspicabile in questi tempi difficili, essere vissuto con ottimismo e naturalezza. Sembra un paradosso, ma così come è migliorata la qualità della vita, sono aumentati anche i motivi per sentirci fragili e soffrire d’ansia. Ma come possiamo fare per essere veramente felici?.
"Il primo passo è trovare il tempo per l’ascolto e la riflessione: "Soprattutto oggi in cui il genere umano vive momenti di difficoltà estreme, tra terrorismo, povertà, problemi climatici e crisi economiche infinite, non siamo più in grado di avere un rapporto sano con il tempo. Viviamo nell'epoca dell'urgenza, della incapacità a trovare il tempo per le cose importanti, viviamo nella fretta, ci perdiamo tutto vivendo nel domani trascurando l'adesso. Siamo in grado di scegliere di cambiare? Abbiamo tempo per la riflessione? La riflessione è una delle basi verso la felicità, passando attraverso la saggezza, la consapevolezza, la comprensione" (cit Cucchi).
Secondo Cucchi è fondamentale coltivare anche la curiosità, ma quella vera. "In un mondo social non troviamo motivazioni e modi per la condivisione, questo ci impedisce di capire l'altro. Se non condividiamo però non capiremo mai veramente l'altro, non ci avvicineremo mai veramente al suo mondo, e lui al nostro". Come tornare a condividere? La chiave di volta "è la curiosità che ci spinge ad ascoltare e a guardare l'altro come un mondo da esplorare, non come una minaccia. In questo modo eviteremo di finire di essere soli ma social".
Infine Cucchi punta il dito contro le "aspettative insostenibili", uno dei maggiori mali della società moderna che allontana sempre più le persone della felicità: "Gli obiettivi sempre più alti – aggiunge lo psichiatra – ci rendono avidi. La nostra società è evoluta, ma non sempre evoluzione è sinonimo di armonia, equilibrio, benessere. Abbiamo creato circoli viziosi che ormai sfuggono al nostro controllo: lavoriamo troppo per stare meglio ma finiamo per stare peggio, siamo stressati, vittime dell’ansia, non riusciamo quasi mai a essere felici. Ma siamo convinti di essere sulla buona strada verso la nostra felicità?". Curiosità, riflessione e autocontrollo possono esserci di aiuto, conclude l'esperto.
Articolo pubblicato il: 20/03/2015, reperibile su: http://www.adnkronos.com/salute/2015/03/20/curiosita-riflessione-autocontrollo-nella-ricetta-per-essere-felici_8uAnyxvVwVQgS0TirIRtvJ.html
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venerdì 13 marzo 2015
Il Fast Food dell’Informazione e il problema dell’obesità culturale
La società in cui viviamo oggi è chiamata
“società della conoscenza” e l’imperativo vigente è “studiare”, formarsi
prendersi una laurea, poi un master, apprendere….riapprendere fin quando se ne
hanno le possibilità!
Ogni singola persona detiene un maggior numero
superiore di informazioni rispetto alle società del passato, basti pensare alle
innumerevoli che si possono reperire aprendo la nostra pagina facebook, delle
quali alcune vengono approfondite ed altre rimangono in sospeso, ma comunque
registrate dal nostro cervello!
Se pensiamo alle società passate tutto questo
era un’utopia, solo una piccola parte delle popolazione istruita aveva accesso
alla cultura… e in alcuni periodi storici c’erano anche persone che erano
talmente colte ma talmente colte che avevano letto tutti i libri dal passato ai
loro giorni, sfogliato ogni singola pagina delle riviste di tutti i giornali
dalla prima all’ultima lettera! Dei mostri, no? No!, Se pensiamo che non
esisteva il mondo globale, per cui ognuno era informato perlopiù dei fatti
propri, che le riviste potevano essere considerate le attuali locandine…che non
esistevano Ghost writer per cui i tempi di pubblicazione e il numero dei libri
che circolavano si potevano contare sulle dita di una mano, e forse avanzava
pure…
Ormai, che la società della conoscenza sia una
gran fregatura per l’umanità lo hanno capito sia i “dottori” che chi la
possibilità di studiare non ce l’ha avuta….l’imbroglio sta nel fatto che non è
importante la qualità di quello che sai, ma la quantità! Ci hanno convinto ad abbandonare
l’approfondimento e la dedizione allo studio, lo sviluppo delle capacità
metacognitive, in favore alla produzione di nuova conoscenza da “fast food”
veloce da reperire, accessibile a tutti e abbasso prezzo. Questa è stata anche
la politica adottata dagli Atenei…non importa che tipo di dottori formare,
l’importante è produrne tanti…e così come i bollini dei supermercati, studenti su
studenti sono stati schedati con il loro numero di matricola!
Durante questo processo di ingrasso c’è anche
chi ha saputo distinguersi per le sue capacità di non fagocitarsi e di
continuare ad allenare quelle competenze che dalla massa sono state sepolte dal
numero di parole e “bla bla bla…!”
Ciò che rende forti queste persone è la
capacità di filtrare, di usare la logica, di ricercare la fonte, di guardarsi
intorno, osservare e con calma dedizione rielaborare…tecniche sofisticate che
richiedono sforzo, fatica, magari ore di ricerche vane per la gioia profonda di
aver realmente compreso l’oggetto di analisi. Oltre il danno vi è pure la
beffa….dopo le sudate che avete fatto, non pensate mica di ricevere applausi?
Se non avete interlocutori al vostro stesso livello, passerete per pazzi, in
alcuni casi rivoluzionari, in altri non “aggiornati dei fatti”, altre volte dei
perfetti perditempo che non hanno nulla da fare per impiegare il proprio tempo!
Prima o poi qualcuno dirà che tutto questo
abuso di “Big Mac Knowledge” porta a serie problemi alla salute per cui inizieranno
a comparire cartelli come “ si prega di non diffondere cazzate, questo potrebbe
danneggiare sia te sia le persone che ti sono vicine”….”mantenere le minchiate
fuori dalla portata dei bambini”…”conta fino a dieci prima di aprire bocca”…”la
cattiva informazione nuoce gravemente bambini in via di sviluppo”……
Beata Ignoranza!
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giovedì 19 febbraio 2015
La tecnologia non ruba il lavoro all’uomo
Dire che il Telepass toglie posti di lavoro ai casellanti è come dire che meccanici e gommisti tolgono posto a cocchieri e maniscalchi. La società evolve, migliorando i servizi che fornisce ai cittadini e offrendo, a quegli stessi cittadini, prospettive nuove e differenti, possibilmente migliori...
La tecnologia non ruba il lavoro all’uomo
La tecnologia non ruba il lavoro all’uomo
domenica 1 febbraio 2015
Sorry, Where is the restroom? --- Mi scusi dov'è il bagno?
Finalmente un'area di servizio...km e km sono passati, ora proprio non ce la faccio più...ho bisogno di un bagno!
Canticchio Paolo Conte per accorciare sempre più la distanza che mi separa dalla porta che ho già puntato in lontananza e per rammentare che no, non sono nervosa, devo solo fare la pipì...
la gonna stilizzata viene subito riconosciuta dal mia cervello che come un gps mi segnala "prendere l'uscita a sinistra". Inizio a correre verso la porta del paradiso della mia vescica...prometto che non lo offenderò più dandogli del "cesso".
Arrivata...ops...ho sbagliato! Cavolo! la mia vista peggiora...ho scambiato una gonnelina con una sedia a rotelle...eppure c'è una bella differenza!
Vabbè Sara...magari il problema del controllo oculistico lo rimandiamo ad un altra volta, ora cerca di liberarti dai liquidi!
Ahh....fatta!
Il mio respiro riprende un ritmo regolare, le gambe cercano di ricomporsi dalla posizione ad X cattura pipì... il passo è lento e tranquillo!
Fischiettando il nulla, ripasso davanti a quel cartello che mi aveva ingannato pochi minuti prima...qualcosa cattura la mia attenzione...com'è possibile? ho visto bene? cosa? la figura stilizzata della donna con la gonna è accanto alla figura stilizzata dell'uomo su una sedia a rotelle?
No....sono allibita....il mio cervello inizia ad andare in confusione e mi chiede: " Davvero esistono donne su sedia a rotelle? davvero? le persone con disabilità sono sia uomini che donne??"
Inizio a farlo ragionare..." Ma come, proprio tu ti fai certe domande? tu che sei cresciuto in mezzo alla disabilità, che ti ostini a combattere per i diritti delle persone, sei cascato nella trappa del pregiudizio che ti benda gli occhi e non ti fa leggere la realtà?"
Vanamente cerca di giustificarsi "ma..ma...ma io non avevo mai visto sino ad ora un bagno per persone con disabilità di sesso femminile e uno per quello di sesso maschile...è la prima volta!"
E' vero...è la prima volta! In 30 anni ho frequentato centinaia di posti adibiti per persone con disabilità...e mai trovato nulla del genere!
Mi chiedo allora quanto debba soffrire una persona nel non essere riconosciuta in quanto tale ma nell'etichetta che noi abbiam deciso di attribuirgli...un etichetta senza nome, senza sesso, senza il rispetto alcuno dei diritti!
Sarebbe bello vivere almeno una volta al giorno episodi di "dissonanza cognitiva" che ossigenano il nostro cervello dal coma mentale.
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