Le preoccupazioni portano infelicita’ meglio essere tranquilli e non preoccuparsi.
Ma siam propri sicuri che allontanare le preoccupazioni renda felici?
“Non devo preoccuparmi” e’ un dovere, una regola imposta che puo’ in alcuni casi solo alimentare le preoccupazioni stesse o l’ansia di determinate situazioni.
Ognuno di noi ha il diritto di preoccuparsi.
L’etimologia della parola stessa deriva dal latino praeoccupare, ossia occuparsi prima, prevenire. Pertanto, il termine preoccupazione indica lo stato d'animo di colui che cerca soluzioni o rimedi a situazioni critiche o ad eventuali pericoli futuri.
Diventa dunque un atteggiamento positivo quello di pre occuparsi del proprio futuro e cercare di pensare in anticipo a come prenderci cura di esso. Quali saranno i pericoli a cui andremo incontro e come potremmo risolvere le sfide e i problemi che ci troveremmo ad affrontare?
Sopratutto, se la societa’ in cui viviamo oggi, viene spesso denominata ‘risk society’ o ‘società del rischio’, in quanto caratterizzata da crisi sociali, economiche e ambientali, non dovremmo avere il diritto di preoccuparci?
Preoccuparsi puo’ essere un atteggiamento positivo in considerazione del fatto che ci stiamo rendendo conto delle conseguenze associate al deterioramento delle condizioni di vita, alla perdita delle sicurezze lavorative, assicurative, pensionistiche.
La persona che si preoccupa e’ anche colei che ha il coraggio di far fronte alle sfide, di non mollare, che si da da fare per prima per cambaire la propria situazione, senza aspettare che ci sia una cambiamento nel fato e nel destino. La persona che si preoccupa e' colei che crede nel futuro!
Gesu’ ha detto ai suoi fedeli “Non preoccupatevi” (Mt 6, 24-34), mettete la vostra vita nelle mani del Padre.
La protezione civile ha detto agli acquilani di non preoccuparsi quella notte del 2009.
I politici da 10 anni ci dicono di non preoccuparci della crisi, Italia: “Don’t worry, be happy!”
….Io, inizio a pre occuparmi!
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